Di tutta quella giornata mi resterà impresso lo sguardo di una dolcissima nonnina, Nonna Rina. Mentre parlavo mi guardava con occhi languidi, quasi liquidi, comprensivi. Mi sembrava mia nonna. Andando via l’ho salutata e mentre le parlavo lei mi riordinava il colletto della giacca, proprio come spesso fa nonna. L’ho baciata due volte. Mi capita di farlo delle volte. Ho pensato che fosse una delle creature più dolci e fragili, sagge e forti di questo mondo.
Il convegno in memoria della portentosa opera di Susanna Loi Zedda, Donna Susanna come molti l’hanno chiamata, ma io no, che mi sembrava troppo intimo, è stato un vero successo. Tantissime persone, tutti con le orecchie ritte come conigli per ascoltare tutto, anche le parole non dette.
Mi sono emozionata.
Era da un po’ che non mi capitava. Metti anche che accanto avevo il professore della mia infanzia universitaria, Giulio Angioni, metti anche che c’era una vera e propria folla e che tutti Susanna in un modo o in un altro la conoscevano.
Io no.
Io l’ho conosciuta attraverso i suoi libri.
I sorrisi delle persone mi hanno fatto ritenere d’averla compresa e questo mi onora.
Sotto puoi leggere il mio intervento. Qui invece puoi sapere qualcosa di più sulla sua vita.
Intervento Susanna Loi Zedda – 14 Novembre 2015
Durante questo intervento mi soffermerò sull’eredità che ci ha lasciato Susanna, su un’eredità inconsapevole forse ma che è ugualmente preziosa, forse di più.
Se dico che Susanna Loi Zedda era una donna forte non dico niente di nuovo. Se dico che era una donna testarda e caparbia non si sorprende nessuno. Sull’isola di donne forti, caparbie, testarde ce ne sono una marea. Susanna però è riuscita a dare concretezza a questi suoi talenti, li ha fatti diventare non soltanto qualcosa per cui vantarla, ma altro. Li ha fatti diventare un’istruzione universitaria, una carriera, una famiglia, una scuola.
Per conoscerla io non ho avuto altro mezzo se non leggere le sue parole. I suoi libri restituiscono il riflesso di una donna speciale che può insegnare agli uomini, ma soprattutto alle donne come essere scrittrici, lavoratrici, mogli nonostante tutto. Il nonostante tutto non è cosa da poco nella vita di Susanna: sono lutti, piccoli e grandi disagi economici, il sentirsi fuori posto, fuori famiglia nella città in cui studia, l’essere donna che si cimenta in un campo che non è femminile, ma anche e soprattutto il nonostante tutto sono due guerre mondiali, sono la paura, il tormento, l’ansia che possono comportare e che io oggi posso solo intuire.
Nonostante tutto Susanna diventa Susanna. Nella sua vita ci deve essere un segreto.
Questo segreto si svela nei suoi libri.
“Carissima, penso che avrai atteso con ansia questa mia, ma le notizie che debbo darti non sono buone e ti recheranno dispiacere. Ieri mattina ho mandato Crarixedda ad acquistare delle melanzane da un rivenditore. Siccome tardò molto appena rientrata la rimproverai: allora essa mi disse che si era fermata incuriosita per sentire ciò che dicevano alcuni signori. Essi parlavano di te e si facevano grandi beffe che tu a 22 anni, anziché cercarti marito avessi ripreso gli studi. Sapevano che eri partita a Cagliari, non con l’intenzione di conseguire un modesto titolo di studio che ti consentisse un impiego, ma col proposito della laurea: e uno, scherzando, tra le risa degli altri ti chiamava <<Sa dottoressa>>.”
Il segreto di Susanna sta nella sua forza, sta nella sua caparbia volontà, nella consapevolezza che lei avrebbe fatto qualcosa di diverso da ciò che gli altri si aspettavano.
Susanna fa una cosa strana per quel tempo. Susanna rompe con le consuetudini. Susanna smette di guardarsi e giudicarsi secondo i canoni maschili che volevano le donne istruite sì, ma non troppo, mogli e madri. Susanna inizia una guerra e lo fa forse senza saperlo. Ha da mangiare, vive in una famiglia benestante, ha un aspetto gradevole, del denaro, ma vuole di più. La gente questo lo accetta con difficoltà, anzi diciamocelo, questo desiderio l’avrebbe passato ad un uomo, ma per una donna è inconcepibile presunzione.
Poco male, Susanna studia quando in poche lo fanno e con la sua forza, con la sua costanza con la sua caparbia volontà si porta a casa un futuro che non ci si aspetta, meglio ancora regala un futuro che non ci si aspetta anche alla sua tanto amata Senorbì. E diventa una donna lavoratrice, donna scrittrice, donna sposa coniugando con una semplicità che ancora oggi sorprende elementi che non sono nati per amalgamarsi facilmente. E ve lo dico io che lavoro, scrivo e sono moglie e madre.
Leggendo le parole di Susanna Loi Zedda mi è sembrato di scorgere consigli chiari. Possono aiutare le scrittrici e le donne che sono venute dopo di lei. Senza dircelo direttamente indica alcuni strumenti che non possono mancare mai sulla scrivania di una donna e di una scrittrice.
Ce lo dice senza parole, ce lo dice senza intenzione forse, ma ce lo dice.
A una donna serve indipendenza economica che poi è dignità sociale e autonomia.
“In quelle condizioni il pensiero di sposarmi non mi passava neppure lontanamente per la testa, anzi l’idea di ricorrere ad un uomo perché mi desse da mangiare mi faceva ribrezzo”.
A una donna serve, come direbbe Virginia Wolf una stanza tutta per sé. Una stanza per sé è sì un luogo fisico ma anche luogo interiore, della meditazione dell’osservazione. Conquistare una stanza significa conquistare un angolo per sé stesse nel mondo.
A una donna serve la voglia di fornire al mondo la propria opinione. E le donne quando scrivono lo fanno sempre. La donna scrittrice per tutto il novecento è stata legata al tempo che trascorre e alla memoria che non deve andare persa. La donna scrittrice sente anche un’altra grande responsabilità: quella di prestare la propria voce alle donne che voce non hanno e Susanna presta una voce vigorosa, chiara, inconfondibile.
Conoscere e raccontare la sua vita aiuta a riscoprirsi donne attraverso il percorso delle proprie madri, aiuta a vedersi donne, ma non più con gli occhi degli uomini.
E’ per questo e per molti altri motivi che Susanna merita d’essere ricordata, merita d’essere raccontata.
Unico appunto faccio a Susanna Loi Zedda, d’aver a lungo parlato dei suoi Piricchittus e di non avermene lasciato la ricetta.
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