Non è una passione ragionata, una curiosità motivata, è più un legame embrionale quello che mi stringe fastidiosamente contro il castello di Medusa che scompare dalla mia mente per anni e poi torna, insistente come un tarlo o come il ticchettio di un martello contro il muro.
E’ tornato.
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Certamente è il nome, atavico, grasso di riferimenti, affascinante e misterico ad attrarre, e sono ape contro il polline. Sensazione antica di aver già attraversato i suoi antri non è morta nemmeno quando di quegli antri non ho trovato traccia nelle foto. Ma le sensazioni non conoscono ragione, non cercano spiegazione.
Di nomi strani la Sardegna ne ha prodotto più d’uno e restano questi attaccati alle cose e ai luoghi con una strana e stupefacente costanza. Dal nome insolito, che stona con il circondario, il castello di Samugheo detto di Medusa, è quello che più di altri incuriosisce. Arroccato, difficile da raggiungere di lui si sa poco, troppo poco, quasi che in realtà non esista.
La storia, quella certa, fatta di documenti rintracciabili ci ricorda che il castello fu dei giudici di Arborea. Correva il 1189 Pietro I giudice di Arborea in debito con il comune di Genova fu costretto a dare il Castrum Asonis, come era nominato allora, in pegno obbligandosi pure a provvedere alle paghe del castellano e delle sette guardie che avevano il compito di custodirlo.
Poi buio, fino per lo meno alla giunta di Della Marmora. Grande camminatore, grande curioso, inciampa nel Castello di Samugheo durante uno dei suoi itinerari e lo descrive come cinto da numerose mura, che ancora allora dovevano apparire ben solide, con una cisterna a vista e antiche abitazioni nel circondario tirate su con il medesimo materiale di costruzione del castello. Un fortino per il pellegrino, databile intorno al basso impero, costruito per tenere a freno i popoli Barbaricini. Ebbe modo Della Marmora, di visionare anche alcune monete trovate in loco tutte appartenenti agli imperatori d’Oriente.
Della casa di Medusa parla anche lo Spano nel Bullettino Archeologico del 1860 descrivendola con ampia dovizia di particolari. La tradizione, ci racconta, la vuole dimora di spettri e demoni; probabilmente a stimolare la fantasia e l’immaginazione degli uomini la sua spaventevole posizione, arroccata e scoscesa. Sorge nel mezzo di una gola fra due montagne, fra Samugheo e Asuni, e allora la sua forma gli apparve come quella di un parallelogrammo. Racconta di muri perimetrali spessi due metri e di una torre e de sa turri risparmiata dai cercatori di tesori . La vegetazione ieri come oggi doveva rendere particolarmente difficoltoso l’accesso al castello e le stanze vengono descritte come scavate nella roccia. Descrive inoltre lo Spano, camere il cui accesso è consentito solo attraversando un fori sul muro. Le dice in forma di caverne ampie e abbandonate. Per un totale di cinque orribili antri sotterranei.
Il castello verrà detto di Medusa solo dopo il 1480 e il primo ad utilizzare il nome sarà il Fara nel suo De Rebus Sardois. Racconta della storia di Phorco padre di Medusa principessa che successe dopo la morte del padre sul trono di Sardegna. Bellissima e ricca, la regina era solita andare a caccia e in battaglia e il suo regno durò 28 anni. Fu battuta da Perseo, vinta con le insidie a notte fatta. Questo le recise il capo e lo porto in Grecia per dare spettacolo della sua potenza.
Nell’archivio di Stato di Cagliari, strani i giochi del destino, compare un Perseo nostrano, Perseu Francesco. Di Asuni era stato condannato a sette anni di carcere per furto e scontava la sua pena a Genova quando nel 1844 presentò un richiesta al ministero di Torino. Raccontò che durante il suo periodo di latitanza, rifugiatosi entro il castello, ebbe la fortuna di scovare seguendo una lunga scalinata di marmo, un preziosissimo tesoro, il quale promise di dividere con i suoi carcerieri. Ottenuto il permesso di andare a cercare il fantomatico tesoro, non solo non lo trovò ma non si ebbe nemmeno traccia della scalinata di marmo. Francesco Perseu non ottenne ne la grazia ne tanto più riuscì a fuggire.
Le ricchezze di cui parla Perseu esistevano per davvero, per lo meno nella tradizione del luogo che le voleva protette dalla tremenda e letale musca macedda o da inquietanti spiriti guardiani.
Medusa non fu il solo nome con il quale venne detto il castello di Samugheo. Localmente era conosciuto anche come il castello di Orgia o Giorgia come lo stesso Spano ricorda nel Bullettino Archeologico Sardo del 1861. Se come l’instancabile e sorprendente Dolers Turchi ci racconta Medéusa in greco è signora, protettrice, è impossibile non ricamare un legame particolarmente stretto fra Medusa, Giorgia, Orgia e la Dea dalle ultime due esemplificata. Dopotutto la Dea Madre Signora doveva essere nominata, e protettrice lo era incontestabilmente.
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Dolores Turchi ipotizza che quando Medusa, in rappresentazione simbolica del culto femminino, fu sconfitta, questa dovette abbandonare il suo castello e i suoi luoghi di culto sacri, abbandonando tutti i preziosi arredi. I suoi seguaci per difendere le ricchezze abbandonate, nella speranza di un futuro ritorno, è probabile abbiano diffuso la storia delle due casse identiche, una contenente tesori l’altra indovinate un po? Sa musca macedda.
Nel paese di Samugheo, a infittire il mistero del castello molte leggende. Quella forse più antica racconta la rocca fosse un luogo incantato, ricco di delizie e di orrori. Lo fece costruire Forco, venuto dall’Africa, proclamatosi re di quella zona. Alla sua morte Medusa, la figlia, lo avrebbe sostituito nel ruolo. La tradizione la vuole Jana , capace di prodigi che utilizzava in suo favore. L’amante, abitante di un nuraghe nei pressi di Samugheo si recava a trovarla a cavallo. Gli animali di lui pure vennero incantati dalla regina in modo che gli zoccoli di questi non avrebbero segnato il passaggio per il castello ma avrebbero indicato la posizione opposta. Il castello ancora oggi ricco di tesori, è protetto dalle anime di chi quei tesori li aveva custoditi in vita e si tramuterebbero in massi e sassi all’arrivo di chi che sia.
Un affascinante legame di Medusa con le Janas degradazione nei fatti e nel nome della incantevole Diana Dea.
Altre leggende più tarde spiccano per il proprio significato tardo medievale e mescolano la figura di Medusa con quella di Maria Cantada e Luxia Arrabiada.
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Studi più approfonditi sui residui archeologici ci diranno se si tratta per davvero di un Castrum Bizantino, ma ancor più interessante, ci racconteranno di cosa sorgesse in quella spelonca prima ancora del castello. Sono quasi certa si troveranno resti di un antico complesso di culto votato alla Dea. La stessa Turchi dice dei sotterranei del castello che questi dovevano essere antri oracolari o di iniziazione.
Certo è che a 214 metri di quota, tutto a circondare il castello cresce una tipologia particolarissima di geraneo selvatico. I suoi semi pur sbattuti dal vento qua e la non gli hanno consentito di crescere altrove.
La gente del luogo dice si tratti del geraneo di Medusa, che veglia sul castello e sulle acque del Riu Araxisi che guarda caso lambisce la zona.
Aprile 24, 2010
Articolo molto interessante. Fai proprio venire voglia di venire a vistare la bella terra di Sardegna.
Aprile 26, 2010
Grazie Alfa, che bel complimento. Sono felice ti sia piaciuto l’articolo. Appena riuscirò a visitarlo per bene posterò le foto. ^_*
Febbraio 19, 2011
Ciao ho scoperto il tuo blog web per caso, cercando una foto di Medusa per completare il mio nuovo post a questo link: http://manu-bhoblog.blogspot.com/2011/02/medusa.html
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Febbraio 20, 2011
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Ho inserito il link al tuo blog web perchè mi piace molto: un po’ perchè sono per tre quarti sarda nell’anima, o perchè amo il folklore e le leggende! Complimenti.
Febbraio 20, 2011
Scusa ho lasciato due commenti, per sbaglio. Un saluto.
Febbraio 21, 2011
Molte Grazie Manuela,
sei davvero gentile! Curioserò certo nel tuo sito.
Ti abbraccio.
Claudia
Febbraio 28, 2011
ti aspetto allora! a presto!