Il Silenzio sacro: Candelora, panas e brebus in Sardegna 

Febbraio è un mese che mi mette in crisi. Ho esaurito il buon umore accumulato durante il solstizio d’inverno, ho freddo e mi ammalo, le giornate sono tetre, mi sveglio con il buio e ho freddo. Sì, che ho freddo l’ho già detto, ma il fatto d’avere freddo cambia tutto. Per me almeno.

Ma sai come si dice, il male comune è un mezzo gaudio. Così quando ho scoperto che febbraio era un mese impegnativo anche per gli uomini e le donne di ieri, mi sono sentita rincuorata e meno sola.

Nel mondo romano, ad esempio, si riteneva che gli spiriti, in circolazione dall’inizio dell’autunno e ancora presenti nel mondo dei vivi, avessero i giorni contati. Per allontanarli, venivano celebrati e nutriti con pane, vino e viole, oppure con grano e sale (ricordiamo questo dettaglio, perché sarà importante). Soprattutto, ci si purificava e si purificavano le case per liberarsi e liberarle dal contatto prolungato con gli spiriti. Februare d’altronde significava proprio questo: purificarsi.

Scopri il profondo legame tra Candelora, silenzio e tradizioni sarde. Dalle panas al voto di silenzio, dai brebus alla purificazione: un percorso tra miti antichi, riti di guarigione e scoperta interiore, che dimostra come il silenzio possa aprire le porte a nuove visioni e al benessere personale.

Tutto doveva essere rinnovato e depurato perché era fondamentale per una rinascita degna di questo nome. D’altronde nonostante l’inverno sembri particolarmente potente durante febbraio, chi le stagioni le sente e non solo le vede, lo sa che si sta indebolendo: i mandorli fioriscono, gli asfodeli si preparano alla rinascita e la lavanda timidamente mostra i primi fiori. L’inverno è spacciato, la primavera incede con passo sicuro. E gli esseri umani che non potevano influenzare ma celebrare e contemplare, lo facevano preparandosi come fa la natura alla rinascita.

Quella che noi oggi chiamiamo Candelora, la festa nella quale i primogeniti maschi vengono presentati al tempio e le candele si benedicono, è una celebrazione antichissima e ricca di sincretismi (te ne ho parlato qui) che offre un raro caso di giustificazione di un mito sardo particolarmente misterioso, quello delle panas.


Il mito vuole che siano donne morte di parto, e quindi morte senza aver avuto la possibilità di presentare sé stesse e il figlio al tempio 40 giorni dopo la nascita. Tradizione ebraica prima e cristiana (la Madonna il 2 di febbraio si reca al tempio per presentare Gesù a Dio, purificando lui e sé stessa) voleva che la prima uscita della donna trascorsi i fantomatici 40 giorni fosse da farsi indirizzate al tempio, per quella che diciamo in Sardegna incresiadura.

Esisteva anche la pratica de s’incresiadura a domu, eseguita subito dopo il parto dal prete magnanimo o dalla maista ‘e partu (levatrice) per allontanare gli spiriti richiamati dalla nascita. Ma questa è un’altra storia.

Incresiadura è un rito di purificazione da svolgersi in completo silenzio: la donna si sarebbe recata senza parlare al tempio e senza parlare sarebbe tornata alla propria dimora. Il silenzio in questo senso era sacro.

Chi moriva di parto, non avendo avuto modo di svolgere il rituale, diventava uno spirito penitente: una pana appunto. Per sette anni, in perfetto silenzio, avrebbe dovuto lavare i panni insanguinati propri e del figlio. Le panas che rompevano il silenzio sarebbero dovute rimanere a lungo in questo mondo, vivendo un vero e proprio calvario. Diventavano anime moleste e le donne per tenerle lontane usavano il grano o l’orzo, o l’avena e sale. Tecniche molto simile era destinata alla protezione dalle streghe. Per impedire alle panas di disturbare le puerpere invece seppellivano con la donna morta prematura pettine e cucito, per tenerla impegnata, dopo la morte.

Tutte le volte che io sento parlare di Candelora penso alle panas e penso alla magia del silenzio il cui valore è rimasto potente e vivo nella mia isola per moltissimo tempo, ma che oggi comincia a vacillare.

Siamo tutti sottoposti a una miriade di conversazioni, informazioni, notifiche e rumori costanti. La quiete, un tempo sacra, sembra essere diventata un lusso.

Abbiamo dimenticato che il silenzio è fondamentale per processare le informazioni, ascoltare la propria voce interiore e ritrovare equilibrio. Abbiamo dimenticato la sacralità del silenzio che non è un’assenza, ma spazio di trasformazione. In questo senso la Candelora può essere il periodo giusto per riscoprire il valore della quiete e dell’ascolto.


Il silenzio è stato usato in molte culture come strumento di illuminazione e connessione con il divino. Dai monaci cristiani ai saggi orientali, troviamo pratiche di voto di silenzio, preghiera e meditazione:

  • Il Mauna: nell’induismo, il silenzio volontario per disciplinare la mente e raggiungere uno stato di pace interiore.
  • La meditazione Vipassana: il silenzio totale per ascoltare il corpo e la mente senza distrazioni.
  • Il voto di silenzio nei monasteri: pratica per favorire l’interiorità e l’ascolto del sacro (ne abbiamo parlato qui).

In Sardegna, il silenzio ha sempre avuto un ruolo importante, legato al rispetto di sé stessi e degli altri (i nonni e le nonne parlavano poco e solo quando c’era realmente qualcosa da dire), alla spiritualità, alla saggezza, al valore riconosciuto alla parola.

Durante i miei studi mi sono imbattuta spesso nel silenzio come spazio sacro.

Delle panas vi ho già raccontato qualcosa: per saperne di più potete leggere Creature Fantastiche in Sardegna.

Non vi ho però raccontato che:

  • Le donne che volevano ricevere illuminazione, qualche tecnica terapeutica sconosciuta o qualche medicina particolarmente potente, rimanevano in luoghi ritenuti “magico rituali” in perfetto silenzio fina a che su sinzale (il segnale) non sarebbe arrivato.
  • Per risolvere situazioni complicate e sciogliere nodi all’apparenza irrisolvibili, le mie donne e i miei uomini sedevano su vecchie rocce, sotto gli alberi o davanti al fuoco. Stavano in solitudine e in silenzio fino a che non sarebbe arrivata l’ispirazione.

Il silenzio aveva un valore sacro, ma altrettanto sacro era il momento in cui veniva interrotto. Le parole non erano mai banali: potevano guarire o ferire. Ancora oggi è viva in Sardegna l’arte dei Brebus o Berbus (verbi) che sono a tutti gli effetti preghiere e mantra di guarigione.

Nominare una persona o una divinità significava evocarla: si andava cauti nel nominare Santi e Demoni perché questi si sarebbero certamente presentati. E nell’uno e nell’altro caso il contatto non avrebbe lasciato l’uomo o la donna immutati. Del diavolo si dice che godesse del tabù del nome: se proprio lo si doveva nominare si usavano aggettivi che lo descrivessero. Uno dei più comuni era “aremigu” da tradursi come nemico.


La Candelora segna il passaggio tra inverno e primavera, un momento sospeso tra luce e ombra, tra il vecchio e il nuovo. Nella tradizione sarda, è una festa di purificazione e di rinascita. Si accendono candele, si preparano pani che si offriranno alla Madonna, si leggono auspici che aiutano a prevedere il clima e l’abbondanza dell’anno che verrà, si condivideranno brebus e medicine potenti. Tutti questi rituali richiedono silenzio: un mezzo per ascoltare ciò che deve emergere, per accogliere i nuovi inizi con consapevolezza.


La ricerca scientifica ha evidenziato numerosi benefici del silenzio per la salute mentale e fisica. Ad esempio, uno studio del 2006 ha dimostrato che una pausa di silenzio di due minuti può ridurre la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, favorendo il rilassamento e la creatività. Inoltre, nel 2013, è stato osservato che due ore di silenzio al giorno stimolano la crescita di nuove cellule nell’ippocampo, una regione del cervello associata alla memoria e alle emozioni. Questi risultati suggeriscono che il silenzio può essere un potente alleato per il benessere psicofisico, la creatività e l’intuizione, avvalorando usi e tradizioni popolari dell’isola sarda.


Praticare il silenzio non significa solo smettere di parlare, ma anche imparare ad ascoltare. La tradizione sarda mi ha insegnato che, nonostante tutto, abbiamo la possibilità e il diritto di riscoprire il valore di questa pratica antica, per ritrovare e riconnettere noi stessi alle nostre radici.

Se vuoi praticare il silenzio in questo articolo ti consiglio qualche tecnica. Buon lavoro.

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