Artemide, luce, sole, solstizio, mistero: Santa Lucia incarna tutto questo e forse altro ancora
Ti capita mai che per un caso o per un altro una persona, un oggetto, un libro ti vengano nominati a ripetizione durante un breve lasso di tempo? E’ successo anche a me e non si è trattato né di un libro, né di una persona, né di un oggetto, si è trattato di una Santa.
Oggi parliamo di santa Lucia, la santa della luce.
Secondo Ignazio Buttitta i festeggiamenti che si tengono in tutta Italia per onorare la santa devono inserirsi tutti in quel binomio di cui abbiamo parlato spessissimo, mi riferisco a quello grano – morti con le loro manie ben fondate di rinascita.
Quella in onore a santa Lucia è una festa che ha molto a vedere con il solstizio, con il natale con il ciclo di morte e di rinascita, con gli antichi festeggiamenti in onore di Sole e Luce.
Santa Lucia è una santa che dobbiamo conoscere meglio mi sono detta, e per questo ho iniziato a fare domande, a leggere libri, a scoprire cose molto interessanti.
Le origini
E’ la patrona di Siracusa. Non è un caso che in Sicilia sia festeggiata con grande devozione. Secondo quanto ci raccontano le cronache cristiane Lucia era giovane che venne martirizzata agli inizi del IV secolo. Oggi una processione grandiosa la celebra. La statua alta quasi quattro metri, argentea, settecentesca, con sul cuore una teca dove sono conservate parti delle sue costole si avvia in processione il 13 dicembre dall’isola di Ortigia, il più antico nucleo di Siracusa. La santa viene portata fin alla terra ferma e il 20 dicembre farà ritorno sulla sua isola.
Il fatto che il culto di Lucia sia così sentito a Ortigia non è un caso. Ortigia (da tradursi come isola delle quaglie) era anche il nome dell’Isola di Delo dove vuole il mito Latona abbia partorito Apollo e Artemide, la dea lunare e della luce (lo sottolineo della luce). Proprio nell’Ortigia siciliana Artemide aveva un grande tempio. Santa Lucia in tempi piuttosto recenti non fa altro che ereditare la funzione della dea Artemide. Quindi d’ora in poi scriverò Lucia ma penserò Artemide.
Santa Lucia in Italia
In Sicilia per festeggiare Lucia non si mangia del pane ma solo legumi, simbolo di rinascita per eccellenza. Dalle nostre parti sono il tormentone durante la festa dei morti. Si cucinano inoltre le panelle e il cuccìa, un tipico piatto a base di grano cotto nel latte e legumi (le somiglianze sono sorprendenti).
Il 13 di dicembre chi ci crede va in chiesa e prega la santa di vegliare per sempre sulla propria vista, perché non dimenticarlo, Lucia tutela gli occhi e fra un attimo vedremo perché.
La santa è festeggiata anche al nord, specie nel Veneto, ma anche altrove. A Venezia dal XIII secolo si trovano le sue reliquie e questo deve aver incentivato il culto. Lì, in quelle zone santa Lucia la attendono specialmente i bambini perché porterà dei doni. Con il suo asinello carico di doni la Santa parte da Verona e risale tutte le valli. I bambini la notte preparano un bel piatto con del fieno per l’animale e attendono la visita. I genitori probabilmente per farli dormire presto raccontano che se Lucia li dovesse trovare con gli occhi aperti lancerebbe loro cenere, accecandoli. E il richiamo agli occhi è piuttosto interessante.
Una carissima amica, Barbara Lucia, bergamasca, così mi ha raccontato:
“Da noi solo santa Lucia portava i doni. E siccome era cieca, si diceva che fosse il suo asinello a guidarla per portare i doni. Noi che abitavano alla cascina preparavamo un mazzolino di fieno per l’asinello e una tazza di latte per la santa. I doni erano pochi: consistevano in mandarini, frutta secca, qualche caramella e pochissimi cioccolatini. Un maglioncino o le scarpe, ma il giorno di santa Lucia eravamo euforici, contenti. Ci alzavamo prestissimo! Io amavo il profumo dei mandarini, anche se non potevo mangiarli non li davo a nessuno per qualche giorno. Eravamo più poveri di ora, ma quanta gioia avevamo nel cuore…”.
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La santa degli occhi
A questo punto la domanda deve saltare fuori: ma perché Lucia è Santa posta alla tutela degli occhi?
Secondo la leggenda durante il suo martirio Lucia promise che avrebbe mostrato la strada ai non credenti (non vedenti). Certo la cosa era da intendere in senso spirituale, ma molti legarono l’affermazione ad argomenti più materiali.
Altra ipotesi condivisa fa riferimento ad una leggenda medievale secondo la quale Lucia per non cedere alle suppliche di matrimonio del fidanzato si sarebbe strappata gli occhi ponendoli in un piattino. Non è un caso che spesso la santa venga rappresentata con un piattino in mano. Badaci, sopra il piattino ci sono due occhi. La teoria mi mette i brividi e dubito possa giustificare il fatto che oggi la santa sia posta a protezione della vista.
La terza ipotesi a mio parere è la più giusta e interessante. La connessione fra tutela degli occhi è santa deve cercarsi probabilmente nel suo nome, Lucia e nella divinità alla quale ha rubato il ruolo.
Luke in greco, lux e lucis in latino, luce in italiano: la luce ha sempre a che fare con la vista.
Ma soprattutto non è un caso che il culto di santa Lucia sia fiorito a Ortigia dove aveva casa il tempio di Artemide, dea della luce lunare.
Santa Lucia in Sardegna
La relazione fra il grano e la santa esisteva anche in Sardegna. A Ghilarza ad esempio l’11 dicembre i più piccoli andavano a chiedere su trigu de santa Lughia[1] e veniva dato loro, guarda caso, frumento, fave, ceci e altri legumi ma anche sette focacce che si conservavano per il giorno della festa.
Non solo grano ma anche molti dolci a base di sapa. Ancora a Ghilarza si usava il pan di saba, benedetto e distribuito in chiesa, e anche a Quartu Sant’Elena si donava un’arrogheddeddu de pani e saba benedittu[2].
A Dorgali si preparava sa tìriha e a Orosei sa tìlicca de santa Luchia. A Bono invece si preparava sa cogone de saba, che ancora oggi si prepara in onore di Sant’Antonio. Ne parleremo meglio suo Koendi, non temere.
Si trattava sempre, e questo è piuttosto affascinante, di preparazioni dolciarie terapeutiche. I dolci, grazie all’intercessione del santo, aiutavano nella cura o nella prevenzione di alcuni mali.
A Dorgali ad esempio, mangiando sa tìriha si pregava “Santa Luhia reguardàemi sa vista mia[3]”.
Gli amuleti di santa Lucia
Anche in Sardegna Santa Lucia ha a che fare con la vista. Non è solo invocata in una miriade di brebus, ma esiste pure un amuleto a lei dedicato. Si tratta di una conchiglia che da che ricordo anche io chiamo occhio di santa Lucia. Scientificamente è l’opercolo della conchiglia turbo rugosus, chiamato anche fava marina. Di certo c’è che se lo trovi passeggiando lungo la spiaggia, qui a Cagliari si taglia corto “Ho trovato un occhio di Santa Lucia” senza nominare opercoli e turbo che so io.
Gli artigiani hanno fatto della conchiglia un opera d’arte. Ancora oggi viene incorniciato in una lamina d’argento e diventa un bellissimo pendente o viene integrato ad altri amuleti. In altri casi può diventare un bellissimo anello. L’anello viene detto “aneddu de sa meigannia” usato per la cura dell’emicrania. Risulta però più comune l’amuleto in forma di pendente usato a tutela della vista o contro il malocchio.
In Barbagia la conchiglia viene chiamata “sa preda de s’okru” anche se non è esattamente una pietra e la si associa a spuligadentes o altri oggetti protettivi.
Attenzione particolare può essere riservata alla parte posteriore della conchiglia, che se incastonata in argento può essere coperta da un pezzo di vetro o da del broccato. Probabilmente era il disegno a spirale ad attirare l’attenzione: può ricordare un embrione umano e per questo in alcuni casi era ritenuto utile contro la sterilità.
Santa Lucia nei proverbi
“Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia”. Lo conosciamo un po’ in tutta Italia e lega indissolubilmente la santa alla festa solstiziale. Un caso? Un errore? Piuttosto un qui pro quo calendariale. Nel XIV secolo (lucia è martirizzata il 13 dicembre 304) con l’anticipo del calendario Giuliano rispetto all’anno solare il 13 dicembre coincideva esattamente con il solstizio d’inverno. E’ così che la festa della santa divenne l’annuncio della nuova luce, la promessa di giorni più lunghi e notti più brevi, che poi è l’antico senso dei festeggiamenti in onore di quello che oggi chiamiamo Natale.
Ci salutiamo con questo detto piuttosto simpatico che si riferisce alla crescita delle giornate dopo Santa Lucia:
“Dae Santa Lughia creschet unu passu e pia, dae missa ‘e puddu unu passu ‘e puddu[4]”.
Approfondimenti
Se vuoi approfondire dai uno sguardo alle mie fonti:
Lunario di Alfredo Cattabiani
Calendario di Alfredo Cattabiani
I dolci e le feste di Susanna Paulis
Febbraio 28, 2024
Ciao, è stato un piacere leggere il racconto, molto interessante, grazie per la condivisione
Marzo 6, 2024
Grazie a te per essere passata di qui!