Nonna me ne parlava spesso. Più invecchiava più frequentemente me ne parlava, specie quando le portavo le mie piccole creazioni di pane. Si trattava di una borsetta, mi diceva, di una borsetta vera per davvero, che lei portava al polso, all’interno della quale la madre nascondeva uova rese sode dalla cottura in forno. Gliela regalava ogni anno per festeggiare la Pasqua. Finché è vissuta, la madre intendo, Barbara bambina aveva la sua borsetta e quando la madre è mancata, altre donne hanno preparato in sua vece quel dono, piccolo ma preziosissimo.
E c’era nei suoi occhi e nei suoi racconti un entusiasmo da bambina che mi faceva sorridere, mi regalava una vaga tenerezza.
<Poi quando mi stancavo di giocare e non resistevo più, lo mangiavo per davvero il pane, e il divertimento vero era quello di scoprire quante uova mamma avesse nascosto>.
Quando mi raccontava queste storie eravamo in cucina, davanti ad un caffè, di quelli buoni e neri, servito su di un servizio semplice che lei aveva sempre pronto accanto alla televisione: vassoietto in acciaio, zuccheriera, tazzine e cucchiaini sempre in attesa di qualche ospite. Lei accarezzava il centro all’uncinetto che copriva il tavolo antico, raccontava, e quando rideva di gusto metteva la mano che il tempo aveva macchiato di caffè e latte, davanti alla bocca. Proprio come una bambina che conosce le buone maniere.
Sa bussiedda chin s’ou
Mi manca l’idea di poterla andare a trovare, mi manca l’idea di poterla ascoltare.
Quest’anno le ho fatto un regalo, e per farlo avere a lei l’ho donato a mia figlia, Rebecca, seguendo l’antica tradizione secondo la quale i bambini più di altri sono vicini ai nostri antenati. Quest’anno ho preparato sa bussiedda chin s’ou, la borsetta con l’uovo e ho visto sorridere mia figlia Rebecca come novant’anni fa deve aver sorriso mia nonna Barbara.
Non ci avrei creduto, ma Rebecca ne è rimasta entusiasta: dopo averla studiata, dopo averci giocato, dopo averla indossata ha iniziato a mordicchiarla. Quando ha capito che dentro si nascondeva un regalo per sa bussiedda non c’è stata speranza.
<Te la ricordi nonna Barbara?>, le ho chiesto.
<Certo! Me la ricordo benissimo>.
<Ecco nonna, la mamma di papà, quando aveva la tua età riceveva in dono, dalla mamma, questa bella borsetta. Per lei era come ricevere l’uovo di Pasqua>.
<E le piaceva?>
<Secondo te?>
<E certo… ma nonna Barbara quanti anni aveva>.
<Cento e più… > le ho detto, anche se nonna ne aveva poco più di novanta.
<Come un albero>.
La tradizione è anche questo, novant’anni dopo vedere sul volto di tua figlia lo stesso sorriso che indossava tua nonna bambina.
Buona Pasqua bella gente, e ricordatevi che voi siete le vostre tradizioni, rispettatele, tenetele al caldo, vantatevene e loro vi faranno persone felici.
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