La Sardegna mi si è svegliata dentro.
Inizialmente pensavo di scrivere che mi è entrata dentro. Ma sarebbe stata un’incorrettezza. L’Isola dentro di me c’è sempre stata: le ho solo consentito di svegliarsi.
Immagina.
Una gigantessa che si è addormentata per lunghi millenni adagiata tra terra e mare. Per noi sono molte vite, per lei una lunga notte. Il tempo le ha messo addosso terra, sabbia, alberi, erbe, rocce, animali, vento, sole ma soprattutto luna, argento, ossidiana, corallo. Noi invece le abbiamo messo sopra strade, palazzi, piazze e industrie. Ma va bene uguale, lei riesce a sostenerli. Lei non si sveglia. La vedi? I pozzi sacri, i nuraghes, le caverne, le sorgenti, le domus, i menhirs sono porte che ci consentono di sentirne il respiro, il battito, i sogni.
Ecco io l’ho sentito. Il respiro. Il battito. Il sogno. E lei si è svegliata in me. E quando si è svegliata lei, è stato come se mi svegliassi anche io, un’altra io. E tutto intorno a me si è creata una rete di connessioni. All’inizio è stato destabilizzante, entusiasmante. Ne volevo sempre di più, volevo conoscerla sempre meglio, vederla sempre più a fondo. Volevo capire. Dovevo scoprire. Avevo bisogno di sentire.
Con il tempo ho intuito di aver riscoperto un’intelligenza antica sepolta nel mio DNA. E quell’intelligenza antica è stata una mappa che mi ha consentito di muovermi in una realtà che fino ad allora non avevo mai percepito. C’è sempre stata, ma io ancora non potevo vederla. Non ero pronta.
Ebbene quell’intelligenza ragiona per simboli. Quella intelligenza ragiona per poesia. Quella intelligenza è il mito, la tradizione, la leggenda. Quell’intelligenza è l’unica lingua che Sardegna parli. E se vuoi conversare con lei, ebbene, devi impararla.
Tempo fa, durante una presentazione qualcuno mi disse: leggendo il tuo Creature Fantastiche in Sardegna e il tuo Janàsa ho avuto come l’impressione che le leggende siano un antico codice sacro isolano che fino ad oggi era rimasto orale. Leggendo i tuoi libri ho avuto come l’idea che tu questo testo sacro l’abbia messo per iscritto. Tu hai raccolto l’antica religione delle pietre e dell’acqua che è da sempre della Sardegna e ci hai restituito il nostro Corano, la nostra Bibbia, i nostri Veda.
Di certo c’è che i miti (di Sardegna) hanno un messaggio per noi: ecco perché li studio, ecco perché li racconto. Perché possono aiutarci a vivere in maniera più sana e consapevole (vedi il mito delle janas), possono restituirci una connessione con la terra della quale abbiamo bisogno per vivere, possono riconsegnarci a una congiunzione con il divino che nutre e colora la nostra anima, ci possono re immettere in quel circuito del dono e dello scambio che impone la restituzione in breve tempo, di quello che abbiamo preso.
I miti sardi ci insegnano a vivere responsabilmente con noi stessi e con la natura: il depredare degli ultimi 150 anni non ha funzionato. Depredare non è la strada. Ricevere, ringraziare, rispettare, donare, gioirne sì.
Siamo davanti a una scelta. Tu cosa scegli? Di imparare a parlarla questa lingua? Prima di decidere leggi qui sotto.
Il mito animistico sardo
Tutto ha un’anima in quest’Isola che dorme, ma che ti si può svegliare dentro. Tutto. Il mare ha la sua madre, il vento pure, le pietre sono donne, gli animali hanno un nome, il grano ha uno spirito, l’acqua è una nostra antenata che cura. Le piante, specie quelle che salvano, sono madri. Anche il sonno e la morte hanno un volto. Tutto ha un’anima.
E comprendere questo (ho detto comprendere, capire, interiorizzare, convincersene) ci aiuta in quella missione che Frans de Waal ci ha affidato: “Dobbiamo abbandonare una volta per sempre l’idea che gli esseri umani sono i soli depositari della coscienza, dell’intelligenza e dell’anima”.
Percepire l’anima, lo spirito della terra, dell’acqua, delle piante, degli animali ci impone di portare loro il rispetto dovuto, l’amore che meritano, la protezione che possiamo donargli. Non sono mondi da sacheggiare, sono mondi da proteggere, perché sono gli unici mondi nei quali possiamo vivere in salute.
Oggi aiutavo mia figlia a fare la doccia. Lei ha sette anni. Da che ne ha 2 le parlo de sa mama de su potzu, la madre dell’acqua sarda. – Mamma – mi ha detto – devi aiutarmi a capire che se l’acqua mi va nelle orecchie o negli occhi non succede niente. Ogni volta mi agito e così offendo la mama de su potzu -.
Le ho risposto: – Ascolta quell’emozione di disagio amore e comprendila, poi accettala e poi ancora fattela amica. Ce la puoi fare. L’acqua non ti vuol far del male –
– Lo so mamma, sa mama de su potzu non mi potrebbe mai far del male –
Hai capito cosa intendo? Lei sa che l’acqua ha un’anima. Non la spreca, non la sporca, ci parla. Sono diventate amiche. Hai capito cosa intendo? Lei crede nello spirito dell’acqua e non potrà mai essere sola. Hai capito quanto è grande questa cosa? Hai capito a cosa ci stanno convincendo a rinunciare?
Il mito come calendario
Le stagioni sono importanti. Il mito le conosce, le rispetta, ce le consegna. Da millenni ne festeggiamo l’arrivo con cerimonie del fuoco, della luna, del sole e dell’acqua. Prendi il solstizio d’estate che poi è diventato il ciclo di San Giovanni con tutte le sue tradizioni.
Prendi l’apertura del Carnevale, che preannuncia l’arrivo dell’inverno.
Prendi il culto degli antenati che tornano in autunno, quando piantiamo il grano. Per ospitarli apparecchiamo loro una tavola che dice attraverso al simboli: non vi abbiamo dimenticato, vi amiamo, vi perdoniamo, siete con noi.
Il mito e la tradizione sono un calendario: bisogna imparare a leggerlo.
Il mito del dono
Quello che ricevi devi restituirlo. E’ una regola tacita e atemporale. Non è detto che tu debba restituire subito, ma quando potrai, quando ce ne sarà l’esigenza dovrai farlo. Inviteresti a cena un’amica che non ti restituisce mai l’ospitalità? Faresti anno dopo anno un regalo di compleanno ad un amico che si dimentica perfino la data del tuo compleanno? Sardegna e mamma Terra continueranno a sostenerci nonostante si stia solo prendendo e mai donando?
Il mito del dono in Sardegna non è stato dimenticato. Gli usi, le tradizioni, la vita, la leggenda ce lo hanno insegnato. E’ validissimo e vitalissimo, ad esempio, nel grande mondo del lievito madre, su framentu. Fra le sue regole quella fondamentale del dono: se richiesto il lievito deve essere donato. Pena la pietrificazione di chi nega il dono e la distruzione dell’intera cittadina. No non ci andiamo leggeri.
Come spiegarlo ai bambini? Con il gioco del cerchio del quale ho già parlato qui.
Creare realtà con il mito
Potrei proseguire ancora per molto, ma ho il pranzo da preparare e un’intervista da fare. Ti saluto ricordandoti che il mito, l’unica lingua che parla Sardegna, è importante anche per un altro motivo: consente di affondare i piedi nella tua terra, di sentirla più tua e di sentirti più sua/o. Consente di costruire una realtà, una identità, una filosofia, una spiritualità. Molti popoli non avendo traccia alcuna di miti se li sono costruiti ad hoc. Altri hanno fatto dei propri delle bandiere: i due fratelli e la lupa, la tavola rotonda, Giovanna d’Arco. Ti ricordano qualcosa?
Noi abbiamo miti ancestrali e purissimi, carichi di valore e di significato. Costruiamo tramite loro una realtà degna del loro valore.
Sei davanti ad una scelta. Tu cosa scegli? Imparare la lingua del mito o dimenticarla?
In conclusione
Lettera di un capo indiano alla Casa Bianca
Ogni parte di questa terra è sacra per il mio popolo. Ogni ago di pino che brilla, ogni spiaggia sabbiosa, ogni vapore nelle scure foreste, ogni radura e ronzio di insetto è sacro nella memoria e nell’esperienza del mio popolo. La linfa che scorre attraverso gli alberi porta i ricordi degli uomini. Noi siamo parte della terra, essa è parte di noi. I fiori profumati sono le nostre sorelle, il cervo, il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli. Cosa è l’uomo senza animali? Se tutti gli animali se ne andassero l’uomo morirebbe per la solitudine dello spirito. Poiché qualsiasi cosa accada agli animali, presto o tardi accade all’uomo. Qualsiasi cosa accade alla terra accade ai figli della terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.
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