Nel Selvaggio Sarcidano e Barbagia di Seulo è stata scovata una fantasmagorica grotta, luogo di culto nel Neolitico e da allora mai più abitata dall’uomo. A dare il benvenuto agli studiosi cagliaritani uno sciamano, con maschera cornuta che ricorda i boes di Ottana.
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Quando il passato si scopre lo fa pudicamente, seguendo le regole del destino più insolito e a noi non resta che stare a guardare, ammutoliti. E’ quello che deve essere capitato agli studiosi, ma più ancora avventurieri amanti dell’archeologia e dei misteri sardi, che in Aprile di quest’anno si sono calati entro alcune cavità del Sarcidano e della Barbagia di Seulo, scoprendo niente pò pò di meno che delle grotte utilizzate fin dal neolitico. Si ma non ètutto qui. Questi anfratti non vedevano l’uomo da seimila annie nel Neolitico furono luoghi di culto d’importanza notevole.
Un sogno per qualsiasi archeologo e per chiunque intuisca quanto ancora c’è da scoprire sul Neolitico in Sardegna. Mi prudono le manine solo ad immaginare la sensazione di chi per primo ha visto quello che è stato definito luogo liminale da Giusi Gradoli, geologa cagliaritana, presidente della società Comet-Valorizzazione risorse territoriali e vicepresidente di Issep, la scuola internazionale di preistoria europea.
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Liminale si dice di quei posti dove dal mondo dei vivi si entra nel ventre della terra, passando dalla vita alla morte.La geologa era alla guida di una equipe di studiosi di Cagliari particolarmente capaci e fortunati. E’ così che descrive la scoperta e i momenti appena precedenti:
« Ci alzavamo alle quattro del mattino, col buio per non essere seguiti e uscivamo dalle grotte col calare del buio. Un giorno, dopo aver individuato il sito utilizzando le carte geomorfologiche e le fotografie aeree, arrivammo all’ingresso di una di queste grotte. Entrammo infilando prima i piedi per tastare la profondità , visto che non si riusciva a veder nulla. Una volta dentro demmo un’occhiata veloce, convinti di aver fatto un buco nell’acqua. “Usciamo”, ci siamo detti. Macché, ci bloccammo; le pareti erano rosse e non era ossido di ferro. Il pavimento era ricoperto di pietre non lavorate ma non certo cadute dal soffitto! Erano sistemate ordinatamente dagli uomini. Chiesi al fotografo di scattare molte immagini. In laboratorio quella grotta esplose in tutti i suoi particolari: una nicchia a forma di vagina, così come lo era anche l’ingresso. Di lato due cascate, al centro un pozzo per raccogliere l’acqua e accanto una sepoltura. Il pozzo era profondo un metro e mezzo circa e sopra, sulla parete, seminascosto da un velo di calcare bianco, un pannello con pitture nere di arte rupestre. Rarissimo. Abbiamo mandato subito le fotografie a Robert Bednarik, il ricercatore australiano il massimo esperto al mondo di arte rupestre. La risposta ha confermato le nostre ipotesi, quei segni erano stati tracciati dalla mano di un uomo adulto con segno discontinuo. Ciò che si nota è una figura antropomorfa, un uomo con il volto animale o comunque con una maschera ornata di corna che ricorda i boes di Ottana. In mano un arco, vicino altre figure, forse animali. Era uno sciamano? »
Le descrizioni dense di particolari, consentono di creare nella mente immagini precise, quasi che in quelle grotte io pure ci sia stata. A parte la scoperta, il mistero intonso, la curiosità naturale, la rivelazione che più mi ha sbalordita è quella della figura antropomorfa, immortalata con maschera ornata di corna. Questo dettaglio potrebbe dare nuovo vigore alle teorie che vedono nelle maschere del carnevale sardo, ben altro che semplici maschere.
In questo luglio sono state inaugurate nuove avventurose esplorazioni, che scioglieranno i misteri annodati entro le cavità ataviche. La ricerca coordinata da Giusi Gradoli e Robin Skeates, ha riscosso grande interesse all’estero, tanto che la grande maggioranza dei fondi sono stati concessi dalla British Academy of Humanity di Londra.
«Visiteremo ancora una volta la grotta e le due grandi sale dove abbiano individuato reperti eccezionali. Nella prima stanza il pavimento era interamente coperto di cenere e resti di ossa umane, vasi di ceramica impressa, ossia ornata di segni incisi con il cardium o punte in osso, ossidiana e selce. Probabilmente in questo luogo si cremavano i corpi dei morti, anche se ancora non siano riusciti a dare una corretta interpretazione. Illuminando con le torce notammo un gradino di ottanta centimetri e una fessura, l’ingresso di una seconda stanza. Circolare, tre volte più grande della prima econ tante colonne intorno. Stalattiti e stalagmiti unite. E poi tante ceramiche tondeggianti e altrettanti focolai. Nei recipienti ossi d’animale, di cinghiale e capra, persino uno zoccolo di un ungulato, quasi certamente di un cervo. E addirittura gusci di conchiglie, a dimostrazione che anche all’interno della Sardegna, nella dieta erano previsti anche mitili e molluschi bivalvi, dunque organismi raccolti in mare. Crediamo si tratti dell’area dei banchetti, delle feste rituali per salutare i morti. Compresa la donna col suo bambino che riposano in una delle tombe scoperte dall’Equipe.»
Per approfondire potete consultare http://unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/114369.
Settembre 13, 2009
Una scoperta davvero eccezionale!
anche questi possibili collegamenti tra folklore e archeologia mettono i brividi.
Ciao!
Settembre 14, 2009
Pensa a cosa devono aver provato trovando quella caverna così come l’avevano lasciata secoli addietro. *_*
Pagherei per poterla visitare.