Origliettas: la storia di un dolce (sardo)

 

 

Quella che per molti è puzza, per me è profumo. Il fritto, specie quello carnevalesco, ha un odore denso e pesante, ma ad alleggerirlo ci pensano le mani delle donne che impastano, tagliano, annodano, stendono, farciscono, e degli uomini e bambini seduti in un angolo che attendono. Sono delle artiste le donne sarde, e per esprimersi hanno bisogno di un poco di semola, di strutto e di acqua. Prendiamo ad esempio le origliettas. Ne hai mai sentito parlare?

Non fanno parte della mia tradizione domestica (non son esattamente un dolce tipico del campidano) e il  nome fin dalla prima volta che le ho viste mi ha incuriosito e forse proprio per questo oggi ho scelto di parlare proprio di questo dolce a mezza strada fra delizia e bellezza.

La prima volta che le si sente nominare si pensa alle orecchie (a me per lo meno è capitato così), ma il nome non ha alcuna corrispondenza con la forma del dolce. In effetti chi ha collegato fin dal primo morso le origliettas a delle orecchie ci ha visto giusto: nella Catalogna le orellettes sono delle sfoglie di pasta finissima che vengono affondate nell’olio bollente e lavorate con l’uso di un bastoncino che modellando il dolcetto gli regala forma di orecchio appunto! La Sardegna pare aver ereditato il nome (le si chiama origliettas ma anche orillettas, orulettas e similari) ma non la forma.

Ad oggi io le ho viste prendere principalmente 2 forme: la più caratteristica è quella di Orune dove questo dolce prende la forma di una ruota; c’è un centro, ci son dei petali e un nuovo cerchio di pasta che chiude il tutto. La striscia di pasta larga non più di 2 centimetri viene tagliata con al caratteristica rotellina e questo le regala la forma di un pizzo delicato. A Orune questi dolcetti prendono il nome di montecada, ma impasto e preparazione è praticamente identica a quella delle origliettas. Secondo Giulio Paulis la creazione della montecada di Orune, realizzata arrotolando la pasta al dito (si contano comunemente 4 petali più un cerchio centrale) ha sostituito quest’ultimo al bastoncino utilizzato in Catalogna per friggere e scolare il dolce una volta cotto.

 

 

Poi ci sono le origliettas di Benetutti e di Bono che hanno la forma di fisarmonica. Anche in questo caso le strisce di pasta sono tagliate con la caratteristica rotella, larghe non più di 2 centimetri e fritte con abbondante olio.

Questo dolce lo conoscono anche ad Alà dei Sardi, Bitti, Pattada, Nuoro, Posada, Ovodda, Gallura in genere, Bolotana, Bonorva, Nule e ha subito localmente poche varianti sia nel nome, sia negli ingredienti che lo compongono. Tipicamente confezionato durante il carnevale sembra che il dolce fosse utilizzato anche per festeggiare matrimoni e battesimi.

Per quanto a me questo dolce piaccia ben dorato, da quel che mi è sembrato di capire uno dei tratti grazie ai quali era possibile distinguere una buona cuoca era la sua capacità di servire origliettas chiare come la luna. Un tempo c’era chi le friggeva nello strutto, oggi è per fortuna più gettonato l’olio (d’oliva o di semi). Una volta scolata, l’origlietta va lasciata scolare e cosparsa di miele e buccia (o succo) di limone e arancia.

Per la ricetta dai uno sguardo a koendi.it

@ClaudiaZedda

 

 

 

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