Ho pensato a mia sorella per tutto il tempo. E sono stata triste e felice insieme. Triste perché ancora oggi questa storia che sia morta, me la dimentico. E quando poi mi ritorna alla mente fa male. Male sul serio. Forse anche tu sai di cosa sto parlando o lo sospetti perché nel dolore ci crediamo tutti diversi ma temo si sia tutti uguali. Di recente ho ascoltato uno speech (si dice così?) nel quale un padre raccontava la felicità partendo dalla morte di suo figlio. Tra le tante cose dette, tutte interessanti, ha condiviso qualcosa che mi ha colpito. E non che la felicità sia una scelta, cosa che per altro condivido, ma questo: spesso ci disperiamo per il tempo che non trascorreremo più con la persona che abbiamo amato, ma mai nessuno che si rallegri invece per il tempo che si ha avuto la fortuna di condividere.
Ecco io il 16 giugno a palazzo Siotto ero felice anche per il meraviglioso tempo trascorso con Maura, tanto lungo e intenso che mi fa essere certa di quello che avrebbe detto, se ci fosse stata. Avrebbe esordito più o meno così, tra una folata di ventaglio e l’altra: te lo avevo detto che dovevi scrivere Janàsa.
Rebecca aveva due anni quando ne parlammo: sto scegliendo se scrivere un libro che racconta l’origine del mito delle janas, un nuovo saggio, o un giallo. Cosa vorresti leggere prima?
E lei mi rispose qualcosa del genere: “Se ci metti dentro una storia d’amore, il romanzo sulle janas. Non essere noiosa come al solito, mettici un pizzico di sentimento fra i protagonisti. Non vedo l’ora di leggerlo”.
Janàsa lei non lo ha mai letto, ma la storia la conosceva, la storia l’avevamo immaginata insieme. La conosce benissimo. Per cui l’altra sera, a Palazzo Siotto ho pensato a mia sorella. E credo che lei abbia pensato a me perché il mio richiamo è stato davvero troppo forte per non buttarla giù dal suo paradiso fatto di romanzi, chiacchiere, té e divani.
No, Janàsa non è ancora un film, ma stiamo lavorando sodo. No dico, ti rendi conto? E ci riusciremo, accidenti se ci riusciremo.
Ti racconto brevemente la serata se non ci sei stat*. Quattro donne sul palco e un uomo, Nicola Menunni della Nical Film, carissimo amico, che ci è venuto a far compagnia in chiusura. Una sala colma di gente. Un palazzo storico, una strada di accesso al palazzo costellata di cappero e un sole miracoloso all’orizzonte. Non era solstizio, ma c’eravamo quasi.
Accanto, sul palco avevo Alessandra Usai regista che vede oltre il possibile, Antonia Iaccarino sceneggiatricea 5 stelline + 1, che combatte come una guerriera e la supersonica Elisabetta Randaccio, giornalista, che più l’ascolto più imparo.
La sala nonostante il caldo si è riempita. Ero emozionata e non mi capitava da tempo. In sala avevo Janàsa, Nemok, Taul, Naskal e Nabil. Se penso che non ho fatto una foto con tutti loro mi mangerei le mani (li puoi comunque vedere in locandina).
Tutte e tre abbiamo raccontato qualcosa: io di come è nato il libro, di come sia stato meno difficile di quel che sembra far dialogare il nuragico e il moderno e di come in fondo in Sardegna alcuni simboli non trascorrano. Sono fermi, come un marchio, come una verità.
Alessandra Usai ha ricordato come ci siamo conosciute e di quanto folle e bello sia questo progetto. Di quanto folli e belle si sia noi tre insieme. Di quanto folle e bello sia stato realizzare il teaser e di quanto folle e bello sarà realizzare il film.
Antonia Iaccarino, ha esordito dicendo di quanto sia stanca del minimalismo, del quale, te lo dico subito, non c’è traccia in Janàsa. Ha nominato la parola mitopoiesi, parola sensuale e ricca di eros, almeno per la sottoscritta, e poi ha detto una cosa che mi ha fatto commuovere. Questa cosa del piangere con la stessa naturalezza che usiamo per ridere la sto prendendo fin troppo seriamente. “Il mito parla a Claudia e lei poi ci racconta le storie che ascolta”. Parafraso, ma il concetto era quello. Non trovi che sia stupendo?
All’ultima domanda di Elisabetta su quanto mi abbia addolorato osservare i cambiamenti al libro che regista e sceneggiatrice hanno fatto e faranno ho risposto “Tanto, inizialmente tanto. Poi ho compreso il fine ultimo di questi cambiamenti: far viaggiare questa storia davvero lontano. Quando ho cambiato il mio punto di vista tutto è stato più facile. E quando ho accettato le modifiche e ne ho compreso lo scopo, tutto ha funzionato meglio: d’altronde quando Janàsa inizierà il suo cammino non sarà più cosa di Claudia, non sarà cosa di Alessandra, non sarà più cosa di Antonia: sarà solo Janàsa, la sua storia e il suo messaggio”. E io non vedo l’ora di poterlo ascoltare.
Il teaser non è ancora disponibile online, e non lo sarà a breve. Ma la buona notizia è questa: presto organizzeremo una nuova serata. Rimani in ascolto.
Se desideri saperne di più o fare parte di questo progetto scrivimi in privato. Ti aspetto!
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