Quando stavo in giro per la Sardegna a lungo, troppo a lungo, e non vedevi quel che vedevo io, ricordo che mi chiamavi e mi dicevi che sì, nonostante tutto eri con me. Quando ti mancavo ti affacciavi su questo blog, sbirciavi le foto, e leggiucchiavi i miei articoli, perché leggerli non hai mai avuto davvero voglia di farlo e ci ridevamo su, sempre.
“Non te la prendere Grazietta”, mi dicevi. E io ridevo perché mi piaceva che mi chiamassi così, solo tu lo facevi.
Ti saluto anche qui, sorella mia. Sia mai che ti manchi e abbia voglia, un giorno, di vedere con i miei occhi.
Tu, è certo, mancherai per tutta la vita, ogni giorno di più.
“Racconterò di te che ridevi, di una felicità genuina e purissima. Racconterò di te che brillavi di ricci abbondanti e occhi troppo belli per essere detti. Racconterò di te che temevi la mia lontananza e al fine tu mi hai lasciata.
Racconterò di me che ti ho sempre protetta, ma contro questo male niente ho potuto. Racconterò di me che ti amavo, e l’amore era antico e di granito.
Racconterò di noi che tu andavi avanti e io chiudevo le fila, come in un branco. Racconterò di noi che sapevamo sentire il mare e il cielo, che a lungo abbiamo riso e pianto degli stessi attimi. Racconterò di noi che progettavamo d’invecchiare insieme e invece no, sarò sola. Racconterò di noi che eravamo l’una il proseguo dell’altra, che io iniziavo e tu concludevi.
Racconterò di noi che siamo sorelle e niente, morte, malattia, tempo, potrà far ammalare le nostre radici.
Dentro di me sarai per sempre piccola torellina mia”.
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