Il 30 di Giugno del 1409, esattamente seicento anni or sono si combatteva in Sanluri una sanguinosa guerra, che in dialetto viene ricordata come Sa Battalla de Seddori, che vide come protagonisti Guglielmo III di Norbona, giudice di Arborea e Martino il giovane, Re di Sicilia e Infante di Aragona.
I motivi dell’armeggiare sempre gli stessi: potere e ricchezza. La supremazia questa volta sulla bella terra sarda impoverita e umiliata dai duri e lunghi periodi di dominazione straniera. Arborea rappresentava allora l’ultimo baluardo di relativa indipendenza.
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Guglielmo III schierà con ben 17 mila fanti sardi, un numero non da poco, 2 mila cavalieri francesi e mille balestrieri genovesi.
Le sorti della battaglia non furono felici ne per Guglielmo, tantomeno per i sardi armati, tutti massacrati. L’esercito Aragonese era infatti meglio attrezzato e addestrato. Lo scontro avvenne in quella località che ancora oggi chiamata Su bruncu de sa battalla (il poggio della battaglia).
L’esercito arborese venne investito da ottomila fanti e tremila cavalieri aragonesi e si divise in due parti. Non sappiamo con precisione quanto durò la battaglia, i resoconti spagnoli risultano estremamente generici quando dicono che la battaglia durò per buon espacio, ma ben conosciamo gli ultimi attimi di un esercito impaurito e in fuga, quasi che conoscesse la sorte che in serbo aveva il destino.
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La parte sinistra composta da circa 7 mila uomini, si ritirò verso il Rio Mannu che in piena non consentì l’attraversamento. Braccati vennero massacrati nella località che oggi si ricorda con il nome di Su Occidroxiu “il macello”, a memoria della battaglia. La parte destra si divise ancora in due parti: la prima si diresse verso la città fortificata di Saluri, ma il manipolo di uomini venne raggiunto, il borgo preso e i soldati sterminati. Gli aragonesi non si accontentarono di massacrare i duecento balestrieri genovesi e gli oltre cento soldati francesi e lombardi, ma vennero colpiti anche tuttigli abitanti del borgo inabili al lavoro ( vecchi e bambini ) e gli altri vennero fatti schiavi, deportati in Catalogna e li venduti.
Il secondo gruppo con a capo Guglielmo III Giudice fu l’unico a salvarsi; si diresse verso il castello di Monreale dove riuscì a resistere all’attacco.
La sconfitta significò morti, sofferenze e la fine dell’ultimo giudicato sardo, quello di Arborea.
Martino il Giovane concluso lo scontro che reputava a torto definitivo, fece seppellire i nobili catalani caduti e gli altri in fosse comuni. Fece poi ritorno presso il castello di Cagliari, in preda alle febbri malariche contratte probabilmente a causa delle acque stagnanti del Rio Mannu, quasi che il fiume volesse vendicare quelle numerose morti.
Morì il 25 luglio 1409 consumato dal troppo amore secondo quanto vuole la versione storica romanzata. Risulta infatti che una bella Schiava Sanlurese lo accompagnò fino alla morte. La donna della quale non si ricorda il nome viene ricordata come la Bella di Sanluri pare sia stata condotta dal Re di Sicilia in quanto i suoi uomini immaginavano fosse pronto alla guarigione. Venne seppellito nella cattedrale di Cagliari. Ancora oggi rimane a ricordo un bel mausoleo.
Il reggente in vece di Gugliemo III nel 1410 concesse alla corona d’Aragonai territori del Giudicato e nulla o quasi riuscì il francese Gugliemo al suo ritorno. La storia parla chiaro. Per 100 000 fiorini si accordò lui pure con gli Spagnoli vendendo ogni diritto sul giudicato che venne riorganizzato come marchesato di Oristano. Era il 17 agosto 1420.
Giugno 30, 2014
Est sempri mellus arrecordai s’istoria cosa nostra cussa chi in s’iscola italiana no si contat mai, ma sceti una cositedda… su sardu est una lingua no est unu “dialettu” ; saludi e trigu