Meana Sardo: il bello di AutunnoinBarbagia16
Ho inseguito per tutta la giornata un profumo. Ho finito per trovare colori, tanti, intensi, sfrontati, che ti si fermano in testa a mo’ di ricordi, di quelli che non li perdi nemmeno se lo desideri.
Il profumo era quello di mentuccia selvatica, i colori erano quelli delle donne di Meana Sardo, dei loro cestini, dei loro dolci, del loro Autunno in Barbagia.
Il 9 di ottobre, nella mia bella Sardegna era ancora giornata di mezza estate, calda ma non troppo, con un sole scintillante che ti si posava addosso coccolandoti. L’autunno qui è così, dolce come la melagrana, profumato come una mela cotogna, pungente come la veste delle castagne che iniziano a cadere.
Boschi, prati, alture, pinete, muschio e nuvole hanno fatto da introduzione alla solitaria Meana Sardo che si distende su d’una collina come una bella signora. L’ho attraversata in lungo ed in largo eppure mi sembra ancora di non conoscerla.
Durante questa avventura non ero sola: è bello passeggiare con accanto alcune delle più appassionate instagramers isolane, ti è mai capitato? Eravamo bambine: tutto ci stupiva, niente è passato inosservato, i dettagli durante questa giornata d’autunno hanno fatto davvero la differenza.
Il pane pintau di Maddalena
Io amo il pane. Che poi non è il pane in sè, ma è quello che rappresenta, la sua storia, il suo racconto, le sue donne che lo cambiano tutte le volte, dandogli forme e sapori diversi, e lui non è mai lo stesso. A Meana Sardo ha preso forma sotto l’occhio di Maddalena. Indossava un fazzoletto stretto sul capo, un cardigan blu, una gonna scura e occhiali sul naso dietro il quale si nascondevano occhi vispi, dei quali non saprei dire il colore. Le mani soprattutto mi hanno attratto; mani di vecchia, delicate, quasi bomboniere macchiate, che pure erano belle, da ragazzina.
Due foto scattate dentro casa Paulesu, poi l’ho vista e non ho potuto far a meno di raggiungerla, sembrava una jana, la mia jana maista.
<<E’ da molto che fa il pane in casa?>> le ho chiesto.
<<Da sempre, ho imparato da bambina e non ho mai smesso di farlo>>, mi ha detto senza guardarmi. Era intenta a modellare una piccola colombella che sembrava dovesse spiccare il volo.
Ancora oggi Maddalena il pane lo fa tutte le settimane, che quello fatto in casa, con il lievito madre è più buono, non c’è niente da fare.
Mi ha mostrato come si realizza una colomba in pasta di semola, qualche fiore e alcune decorazioni che proverò a realizzare anche io, non c’è dubbio. E tutte le volte penserò a quelle mani.
Abbiamo parlato della lievitazione del pane: altre donne attorno a quel lungo tavolo hanno iniziato a raccontare. Ho scoperto da loro che axedai è lievitare, mi hanno raccontato i tempi del loro pane, io i tempi del mio. E’ stato bello. Non avrei voluto andare via, ma la frenesia della festa mi ha chiamato altrove.
C’era un pani ‘e saba da infornare.
Autunnoinbarbagia16: il Pani ‘e saba di Meana Sardo
Ci abbiamo messo del tempo per trovare sa domu antiga all’interno della quale si doveva preparare il pani ‘e saba, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Prima siamo inciampate contro il venditore di formaggio, dal quale ho comprato un denso e bianchissimo casaxedu che sta diventando un buonissimo viscidu, oleoliti di ogni genere, un’anziana alla finestra che sembrava una bambina che osservava la festa da lontano, una piccola cantina nascosta e umida.
“Vieni qui”, mi ha chiamata mio marito. “Lo senti questo odore? E’ odore di casa di nonna”. Quel ricordo mi ha fatto sorridere.
Il pane di sapa di Meana Sardo è opulento, ricco, materno e pure buonissimo, te lo posso assicurare, visto che ne ho comprato uno per scattargli qualche foto e invece niente, me lo sono mangiata prima del servizio fotografico.
Ho pure raccolto qualche segretuccio che lo riguarda e che lo rende molto diverso dal pane ‘e saba di casa mia.
Tanto per cominciare in casa Koendi usiamo la semola e a Meana Sardo si usa la farina, la frutta secca in buona parte è mescolata intera o almeno in grossi pezzi, e fra le spezie che si intuiscono solamente alla fine di ogni boccone c’è il finocchietto.
“La Matafaluga”, ha chiarito la signora che era pronta ad impastare, e mi è piaciuto pensare che anche a casa mia, a pochi passi dal mare, matafaluga sia il finocchietto selvatico.
Come dalle mie parti invece il pane di saba viene infilato in forno sardo dopo il pane, perché vuole un fuoco lento e moderato. Insomma i famosissimi 180° dei tanto amati forni elettrici.
Su succu di Meana Sardo
Siamo arrivate tardi: ci siamo perse la realizzazione de su succu, ma tant’è abbiamo trovato una domu semi deserta, piena di donne che avevano appena concluso con la preparazione di questo piatto che sta a Meana Sardo come il freddo d’inverno.
Sono state gentili, ci hanno mostrato tutti gli ingredienti (semola, uova, brodo di pecora, casaxedu, pecorino) la pasta fresca posta a seccare su canna, e su succu sfornato. Continuo a pensare, dopo tanti anni di viaggi per l’Isola, che conoscere i suoi piatti significhi conoscere meglio i suoi abitanti. Poco prima di andar via ha fatto il proprio ingresso una nonnina in abito tradizionale, nero come il lutto, che indossava un sorriso rosa come le nuvole al tramonto. Era felice: per un attimo ho guardato Meana Sardo con i suoi occhi e tutta quella manifestazione mi è sembrata un ritorno ad un passato, forse più ricco del reale, ma comunque confortante. Ho sorriso anche io.
Civalgeddu frittu, cannonau, grano senatore capelli e Instagramers
Il pane fritto ha su di me sempre lo stesso effetto: quello di farmi sedere a tavola. A Meana Sardo lo chiamano civalgeddu e devo dire che il nome gli calza a pennello. E’ caldo, morbido, fritto, salato, quando lo addenti la percepisci la salivazione che aumenta, perché è buono e ti fa gola.
Dopo i primi bocconi ho avuto la possibilità di concentrarmi anche sulle donne che erano con me durante questa bella avventura. Laura ad esempio, la presidentessa del Consorzio grano Capelli mi ha raccontato l’inizio della loro storia.
“Trent’anni fa un cliente di mio padre gli ha chiesto se poteva procurargli del grano capelli, e lui c’è riuscito”. Mi ha raccontato dei benefici di questo grano che oggi coltivano in tanti, ma pochi in maniera coscienziosa. E’ un eccezionale antinfiammatorio per tutto l’orgasmo ad esempio, lo sapevi? Io fino a pochi giorni fa no. Mi ha regalato un pacco pesante cinque chili di delizia. Sto pensando a come rendergli giustizia.
Anche il Cannonau era buono, era tutto buono, pure la compagnia.
“Entra nel team Claudia”, mi ha chiesto Alessandra a bruciapelo. “Il food ti si addice”.
Durante il viaggio di rientro ho pensato a Maddalena, alle noci che non ho comprato e che forse avrei dovuto comprare, al vecchio calzolaio del quale non ti ho parlato ma che c’era e si è fatto sentire con il suo sorriso silenzioso e i suoi occhi azzurri, e a quanto sarà bello entrare a far parte di questa famiglia che racconta con le parole, ma regala emozioni con le immagini.
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